Si sono spenti i riflettori sui Mondiali 2010 e la Spagna ha conquistato la famosa coppa che il nostro Capitano, Fabio Cannavaro, ha dovuto cedere ai nuovi campioni.
Era una vittoria aspettata quella della Spagna per questi mondiali di calcio, lo aveva pure predetto il polpo Paul i cui pronostici finora ci hanno sempre “azzeccato”. Si può vedere il suo pronostico nel seguente video, dove ha preferito chiaramente la bandiera spagnola.
C’è chi non ne può più dei suoi pronostici e vorrebbe cucinarlo alla brace o olio e limone. C’è anche chi lancia un appello per salvarlo e sul web è polemica su questo polpo, da taluni amato e da altri odiato. Persino Zapatero, il presidente spagnolo, è preoccupato per la sua sorte e chiede l’intervento di una task force per salvarlo; mentre i tedeschi son convinti che porti sfiga.
E, a proposito del polpo Paul, pare che non sia di origine inglese (così come si diceva) naturalizzato tedesco, ma che sia stato catturato ad aprile nelle acque dell' isola d' Elba. Aveva solo quattro settimane ed era lungo circa dieci centimetri. A rivelare la storia del “polpo-oracolo” é stata Verena Bartsch, l'istruttrice di Paul, in un'intervista alla Bild am Sonntag. Secondo quanto dichiarato, fu la stessa istruttrice a catturare il polpo a largo della costa elbana. La versione della donna smentisce, quindi, la biografia ufficiale, fornita dall'acquario Sea life di Oberhausen, secondo cui il polpo era originario di Weymounth, in Inghilterra.
Comunque, qualunque sia la sua origine, bisogna dire che è stato bravo (ma vogliamo davvero credere a questi pronostici?????)
lunedì 12 luglio 2010
QUANDO LA “RETE” SALVA LA VITA....
Internet, e di conseguenza la rete con tutti i social network inclusi, è uno straordinario e innovativo mezzo di comunicazione e, come qualsiasi altra tecnologia, comporta aspetti positivi e negativi; richiede, pertanto precauzioni per il suo uso. Infatti, se da un lato offre numerosi vantaggi in grado di migliorare ed arricchire la nostra vita quali nuove possibilità di lavoro e di amicizia, facile accesso a qualsiasi tipo di informazione, nuovi modi per esprimersi…dall’altro è potenzialmente molto pericoloso e, se non utilizzato in modo corretto, rischia di alienarci progressivamente dalla quotidianità e dalla realtà concreta.
Quante volte i social network sono stati criticati, ma ora bisogna constatare che la “rete” spesso sta fungendo anche da “salvavita”. Non è la prima volta che episodi di “salvataggio” di vite umane vengano effettuati attraverso il web. E mi riferisco ai numerosi episodi di solidarietà e di aiuto che stanno sempre più aumentando. Anche qui in Eldy, mesi or sono, ce ne fu uno.
Eccone un altro pubblicato sull’”Avvenire” di martedì 6 luglio (a firma di Viviana Daloiso) a dimostrazione di quanto detto su.
L’ALTRO VOLTO DELLA RETE
Ennesimo episodio di un suicidio scampato
grazie alle segnalazioni degli utenti Internet. L’ultimo caso a
Garbagnate: da Imperia avevano preso sul serio l’annuncio di una donna sul suo
profilo Web
6 Luglio 2010
«Ora mi uccido» Ma Facebook gli salva la vita
Taranto: l’«addio» online di un 46 enne. Un amico preoccupato avverte però il 112.
Può essere l’imbuto di ogni pettegolezzo possibile sugli altri, la cassa di risonanza di ogni bravata o superficialità, il propagatore di ogni forma di violenza e sopruso. Ma può anche diventare il luogo in cui si cerca – e si trova – aiuto. Tanto da vedersi salvare la vita.
Tra i
mille volti di Facebook, c’è anche quello che ieri, a Taranto, ha permesso agli
agenti della Questura di impedire a un uomo di 46 anni di suicidarsi. Sposato,
con due figli, era vessato da gravissimi problemi economici e aveva deciso di
farla finita: «Basta, sono disperato», aveva digitato sulla bacheca del suo
profilo sul social network.
E un suo conoscente, allarmato da quelle
parole, aveva immediatamente chiamato la polizia, spiegando i fatti. È stata
provvidenziale, quell’attenzione, quello sguardo sulla vita di un amico che non
si ferma sull’orizzonte virtuale, ma è pronto a cogliere nel grido d’aiuto
lanciato in Rete la possibilità concreta di un gesto estremo: così le forze
dell’ordine sono risalite all’indirizzo dell’uomo, e sono piombate nella sua
casa giusto in tempo per evitare la tragedia. Trovandolo seduto alla scrivania
nell’atto di scrivere un’ultima lettera anche ai suoi familiari.
L’episodio di Taranto è solo l’ultimo di una lunga serie: lo scorso marzo era
successo a Garbagnate, nel Milanese. Una donna aveva annunciato l’intenzione
di uccidersi, sempre sul suo profilo: allora la segnalazione al 112, e poi alla
Polizia Postale, era arrivata da un utente della provincia di Imperia. La donna
era stata raggiunta nel giro di un quarto d’ora, e trovata in uno stato
confusionale e malnutrita. E poi a febbraio, ancora, protagonista sempre una
donna, stavolta di Teramo: il tam tam degli amici, che avevano letto le sue
parole di addio sulla bacheca del suo profilo, l’ha salvata.
«Sono episodi
che parlano di due aspetti fondamentali del mondo dei social network e, in
particolare, di Facebook», spiega il sociologo Giuseppe Romano. Il primo è
quello di una realtà basata sempre più sulla Rete come mezzo di comunicazione:
«Quello che avviene online – continua Romano –, quello che si fa o si annuncia
sul proprio profilo non è 'altro' dalla realtà. È qualcosa che c’entra con la
vita di ciascuno, che parla di solitudine vera, di problemi concreti, non è solo
'virtuale'». Ecco allora che sempre più persone oggi esprimono il proprio
disagio reale su Facebook, lanciando richieste d’aiuto, di confronto e di
dialogo. «Ma l’aspetto più meritevole d’attenzione, per quanto riguarda
l’episodio di Taranto – spiega ancora Romano –, è che dall’altra parte c’è
qualcuno che ascolta, che ha ascoltato. Segno che Facebook non è soltanto
un’anticamera in cui tutti passano, si fermano per breve tempo, e poi vanno via.
In questo caso il social network è diventato un salotto in cui ci si è seduti e
si è formata una 'famiglia', in cui la dimensione dell’altro è stata presa in
considerazione seriamente». Che poi dovrebbe essere la vocazione l’obiettivo
stesso delle comunità online: «Alla civiltà della Rete globale serve questa
dimensione umana, senza la quale la comunicazione tra persone diventa solo un
involucro vuoto – conclude Romano –. E senza la quale, come a volta la cronaca
ci ha tristemente messo sotto gli occhi, anche gli appelli più disperati possono
scivolare via».
Così, per il sociologo Giuseppe Romano, il social
network può diventare «spazio reale di aiuto e
ascolto»
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