Il viaggio è alla volta di Bolsena, per scoprire una parte della “TERRA DEGLI ETRUSCHI”.
E’ un viaggio all’interno delle terre, della cultura ereditata dal glorioso popolo degli Etruschi in un ambiente ancora selvaggio e incontaminato ricco di colori, sapori, suoni e profumi come in pochi luoghi si possono trovare. Si trova al centro di un importante crocevia culturale e naturalistico in uno dei contesti più belli e caratteristici d’Italia, tra Lazio, Toscana ed Umbria ed è a poca distanza dalla città dei Papi “Viterbo”.
Il Lago di Bolsena, portale di entrata della Tuscia, terra di Storia e Tradizioni millenarie viene denominato anche “il lago che si beve” grazie alle ottime condizioni di trasparenza e limpidezza della sua acqua.
E’ un viaggio all’interno delle terre, della cultura ereditata dal glorioso popolo degli Etruschi in un ambiente ancora selvaggio e incontaminato ricco di colori, sapori, suoni e profumi come in pochi luoghi si possono trovare. Si trova al centro di un importante crocevia culturale e naturalistico in uno dei contesti più belli e caratteristici d’Italia, tra Lazio, Toscana ed Umbria ed è a poca distanza dalla città dei Papi “Viterbo”.
Il Lago di Bolsena, portale di entrata della Tuscia, terra di Storia e Tradizioni millenarie viene denominato anche “il lago che si beve” grazie alle ottime condizioni di trasparenza e limpidezza della sua acqua.
Il lago di Bolsena (qualche notizia)Il Lago di Bolsena è situato nell’alto Lazio, nella caldera principale del complesso vulcanico Vulsinio. Ha forma ellittica e vi emergono due isole, Bisentina e Martana, probabili residui di crateri vulcanici ed è circondato in buona parte dalla catena dei Monti Vulsini. Alimentato principalmente da acqua piovana, ha numerosi immissari di portata modesta mentre il fiume Marta, unico emissario, nasce dal porto dell’omonimo centro abitato e sfocia nel Mar Tirreno. Sulle fertili sponde ai boschi di querce e castagni si alternano coltivazioni di vite, olivo e ortaggi. Fra le molteplici attrattive turistiche ci sono quelle di genere archeologico e culturale; sulle rive del lago si sono succedute, infatti, la civiltà Villanoviana, l’Etrusca e la Romana, mentre il periodo medioevale, non meno importante, ha lasciato segni indelebili nei piccoli centri che lo circondano. Una strada di circa 60 Km lo circonda e sia che ci si trovi a pochi metri da riva oppure distante sulle coste, il panorama che offre è sempre molto spettacolare.
Dopo gli Etruschi, i Romani e le invasioni barbariche, la chiesa e i nobili, fra i quali eccelsero i Farnese, segnarono la storia recente del comprensorio.
Nelle acque del lago i pesci sono ancora numerosi; le anguille, già note ai Romani, sono citate da Dante nella Divina Commedia. I principali pesci presenti attualmente, oltre alle citate anguille, sono: l’ottimo coregone, il luccio, il persico reale, il persico trota, la carpa, la tinca, la scardola (qui chiamata impropriamente lasca) e infine il piccolo latterino, che spesso è preda di pesci predatori e di uccelli acquatici.
Dopo Bolsena, con l’aiuto di una guida, siamo andati a visitare La mattinata si è conclusa in un bellissimo bar, quasi in Piazza delle Erbe, con un aperitivo e poi tutti al ristorante “Al vecchio orologio” in via “Dell’ Orologio Vecchio” ( a pochi passi da Piazza delle Erbe). Nel primo pomeriggio, soddisfatti e consapevoli di aver visto qualche altra bellezza della nostra Italia, ci siamo messi in viaggio per ritornare a Napoli.P.S. Tutte le notizie storiche, riguardanti i centri visitati, ci sono state esposte dalla guida e, poiche’ non le avrei potuto ricordare nei dettagli, mi sono documentata su internet cercando di trovare proprio quelle ascoltate.
Grazie per avermi letto e viaggiato con me!!!!
Dopo gli Etruschi, i Romani e le invasioni barbariche, la chiesa e i nobili, fra i quali eccelsero i Farnese, segnarono la storia recente del comprensorio.
Nelle acque del lago i pesci sono ancora numerosi; le anguille, già note ai Romani, sono citate da Dante nella Divina Commedia. I principali pesci presenti attualmente, oltre alle citate anguille, sono: l’ottimo coregone, il luccio, il persico reale, il persico trota, la carpa, la tinca, la scardola (qui chiamata impropriamente lasca) e infine il piccolo latterino, che spesso è preda di pesci predatori e di uccelli acquatici.
Dopo Bolsena, con l’aiuto di una guida, siamo andati a visitare La mattinata si è conclusa in un bellissimo bar, quasi in Piazza delle Erbe, con un aperitivo e poi tutti al ristorante “Al vecchio orologio” in via “Dell’ Orologio Vecchio” ( a pochi passi da Piazza delle Erbe). Nel primo pomeriggio, soddisfatti e consapevoli di aver visto qualche altra bellezza della nostra Italia, ci siamo messi in viaggio per ritornare a Napoli.P.S. Tutte le notizie storiche, riguardanti i centri visitati, ci sono state esposte dalla guida e, poiche’ non le avrei potuto ricordare nei dettagli, mi sono documentata su internet cercando di trovare proprio quelle ascoltate.
Grazie per avermi letto e viaggiato con me!!!!
Civita di Bagnoregio, denominata “la città che muore”.Storia, arte, cultura e tradizioni, sono i requisiti fondamentali di un territorio che sembra quasi essersi fermato in un passato ricco di avvenimenti. Civita di Bagnoregio è un esempio di meraviglia unico nel suo genere. Unita al mondo solo da un lungo e stretto ponte, la “Città che muore”, ormai da tempo così chiamata a causa dei lenti franamenti delle pareti di tufo, racchiude un ciuffo di case medioevali ed una popolazione di pochissime famiglie. Appoggiata dolcemente su un cucuzzolo, la cittadina sovrasta imperiosamente l’immensa vallata sottostante, offrendo così al turista un incantevole e indimenticabile scenario. Situata sulla cima di un colle tra le vallate formate dai torrenti Chiaro e Torbido, Civita appare arroccata su uno sperone di roccia sovrastando l’ ampia conca increspata dai “calanchi”.Questo isolamento é il risultato di una irrefrenabile erosione che vede lo sperone tufaceo progressivamente assottigliarsi su un sottostante strato argilloso anch’esso instabile poichè per la sua natura geologica é destinato a subire l’ azione erosiva degli agenti atmosferici che lo modellano nelle tipiche forme dei “calanchi” (piccoli bacini delimitati da creste e pinnacoli creati dall’azione dilagante della pioggia sull’argilla). Oggi Civita è un luogo incantato, dove il tempo non sembra scorrere più. La totale assenza di automobili rende l’atmosfera all’interno di Civita ancora più irreale.
Di seguito la visita di Montefiascone
Il nomeLe radici del toponimo Monte Fiascone (dovuto al fatto che si trova a 600 m s.l.d.m. e per via dell’EST! EST!! EST!!!) sono ammesse ad ammettere un Mons Faliscorum, con riferimento ai Falisci, che sarebbero approdati da queste parti dopo la distruzione dei vari centri dell’ager faliscus ad opera dei romani. C’è anche l’improbabile ipotesi di Mons Phisconis, dal nome di una popolazione di origine greca, ma ciò è soltanto una pura casualità.
La chiesa di san FlavianoL’edificio di culto principale della piccola cittadina, è la Chiesa di san Flaviano, eretta sulla strada che porta direttamente a Orvieto, risalente al XII sec. Possiamo risalire al secolo preciso, grazie al campanile romanico a vela che lo testimonia. La facciata della chiesa, è rimasta incompiuta dalla seconda metà del XIII secolo, è formato nella parte inferiore da tre arcate gotiche coronate da una loggia risalente al periodo del XVI secolo. Nell’arcata centrale si apre il portale, costruito in stile gotico, che permette l’immissione nella chiesa inferiore, formata da tre navate con tre absidi disposte ad arco. Appena si entra, sulla destra è situata la famosa pietra tombale del prelato Giovanni Fugger (vedi più sotto la leggenda). L’interno della chiesa è decorato da un capitello della penultima colonna a destra dove c’è una figura umoristica, nell’ultimo pilastro destro c’è un ciborio che risale al XIII secolo. Ci sono degli affreschi risalenti al XVI secolo che decorano le tre absidi; nella parete d’ingresso c’è la Crocifissione e Vita di Santa Caterina, che sono degli affreschi risalenti al XV secolo. Per accedere alla chiesa superiore occorre passare per una scala situata nel fondo della navata destra, anche questa è a tre navate, divise da basse colonne con archi, al centro della nave mediana si apre uno spazio rettangolare dal quale si scorge la chiesa inferiore.Storia
Sorge alle pendici del Colle Falisco, lungo la via Cassia, nel luogo in cui si ebbe il primo nucleo dell’insediamento abitativo, spostatosi poi sulla sommità dell’altura, a seguito della distruzione del borgo da parte dei Viterbesi, nel 1187. La chiesa dapprima era dedicata alla Vergine e, infatti, compare con il titolo di Santa Maria in un documento della metà del IX secolo. Successivamente prese il nome dalle reliquie del martire Flaviano, in essa custodite.Gli affreschi
Sorge alle pendici del Colle Falisco, lungo la via Cassia, nel luogo in cui si ebbe il primo nucleo dell’insediamento abitativo, spostatosi poi sulla sommità dell’altura, a seguito della distruzione del borgo da parte dei Viterbesi, nel 1187. La chiesa dapprima era dedicata alla Vergine e, infatti, compare con il titolo di Santa Maria in un documento della metà del IX secolo. Successivamente prese il nome dalle reliquie del martire Flaviano, in essa custodite.Gli affreschi
Complesso ciclo di affreschi, realizzati in un arco di tempo che va dal XIV al XVI secolo e che comprendono più di una Crocifissione, le storie di San Nicola da Bari, San Michele Arcangelo, San Flaviano tra Santa Caterina d’Alessandria; compare l’Annunciazione, la scena della Natività e quella dell’Adorazione dei Magi; Cristo in trono tra San Pietro e San Paolo; i quattro Apostoli, un corteo di quattro vescovi; i resti di una Dormitio Virginis; l’immagine acefala di San Francesco; Santa Margherita d’Alessandria con un drago; le Storie della vita di Santa Caterina e quelle di Santa Faustina.
La Cappella degli Innocenti conserva affreschi cinquecenteschi tra cui “La strage degli Innocenti” in un paesaggio che ricorda quello del lago di Bolsena con uno scorcio della cittadina di Montefiascone e la chiesa di San Flaviano. Nel catino dell’abside centrale compare “Cristo benedicente tra angeli apocalittici”. Ai suoi lati si trovano San Paolo e un’altra figura identificata, con San Giovanni Battista o con San Pietro. Al di sotto si pone l’immagine di San Flaviano martire a cavallo e con il vessillo crociato.
Gli affreschi delle absidi laterali del XVI secolo mostrano il Battesimo di Cristo nel Giordano tra Santa Lucia e San Martino, una Annunciazione ed altre scene di vite di santi.
Leggenda sul vino “Est est est”Il nome di questo vino deriva da una leggenda.
Nell’anno 1111 Enrico V di Germania stava raggiungendo Roma con il suo esercito per ricevere dal papa Pasquale II la corona di Imperatore del Sacro Romano Impero. Al suo seguito si trovava anche un vescovo, Johannes Defuk (o Giovanni Fugger), intenditore di vini. Per soddisfare questa sua passione alla scoperta di nuovi sapori, il vescovo mandava il suo coppiere Martino in avanscoperta, con l’incarico di precederlo lungo la via per Roma, per assaggiare e scegliere i vini migliori.
I due avevano concordato un segnale in codice: qualora Martino avesse trovato del buon vino, avrebbe dovuto scrivere “est”, ovvero “c’è” vicino alla porta della locanda, e, se il vino era molto buono, doveva scrivere “est est”. Il servo, una volta arrivato a Montefiascone e assaggiato il vino locale, non poté in altro modo comunicare la qualità eccezionale di quel vino, decise di ripetere per tre volte il segnale convenuto e di rafforzare il messaggio con ben sei punti esclamativi: EST! EST!! EST!!! Il vescovo, arrivato in paese, condivise il giudizio del suo coppiere e prolungò la sua permanenza a Montefiascone per tre giorni. Addirittura, al termine della missione imperiale vi tornò, fermandosi fino al giorno della sua morte (avvenuta, pare, per un eccesso di bevute). Venne sepolto nella chiesa di San Flaviano, dove ancora si può leggere, sulla lapide in peperino grigio, l’iscrizione: “Per il troppo EST! qui giace morto il mio signore Johannes Defuk”. In riconoscenza dell’ospitalità il vescovo lasciò alla cittadinanza di Montefiascone un’eredità di 24.000 scudi, a condizione che ad ogni anniversario della sua morte una botticella di vino venisse versata sul sepolcro, tradizione che venne ripetuta per diversi secoli. Da questa vicenda nasce il Corteo Storico falisco e viene tratta la manifestazione “Fiera del Vino”, che si svolge ogni anno nel mese di agosto.
A fine giornata si ritorna in albergo per la cena per poi riprendere, il breve tour, l’indomani mattina alla volta di Viterbo. (2^ tappa)
Viterbo è il capoluogo dell’omonima provincia, abitualmente detta Tuscia. Conosciuta in tutto il mondo come la Città dei Papi, è situata al centro della provincia, a ridosso dei Monti Cimini fra il Lago di Vico e quello di Bolsena. Netta la differenza urbanistica fra il centro storico di stampo medioevale e la periferia caratterizzata da palazzi di concezione moderna. La città medievale nasce da una fortificazione longobarda che divideva i possessi nella Tuscia dal ducato bizantino di Roma.
Nel 1099, grazie al notevole incremento demografico, si passa dallo stato di “castrum” ad uno stato con istituzioni comunali.
Inizia in questo secolo il periodo di fioritura della città che si assicura il possesso di vari castelli e la protezione di Federico I con la quale avrà il diritto di espansione.
Nel 1172 la città di Ferento viene distrutta e il suo simbolo, la Palma, viene aggiunto al Leone di Viterbo, diventando così emblema della città.
All’inizio del XIII secolo Papa Innocenzo III cerca di costituire uno stato territoriale a Viterbo che, non essendo d’accordo, chiede aiuto all’imperatore Federico I dando così inizio alla lotta tra Guelfi e Ghibellini che durerà fino al 1250 circa.
In questo contesto storico ritroviamo le vicende della patrona di Viterbo, Santa Rosa, che si oppose ai ghibellini e all’assalto di Federico II.
Successivamente alla disfatta nei confronti di Federico II e alla vittoria interna dei Guelfi, Viterbo assume il ruolo di sede papale.
Il primo episodio che incrinerà questo equilibrio sarà l’elezione di Gregorio X, per la quale furono impiegati 3 anni: il popolo viterbese stanco dell’indecisione chiuse a chiave i cardinali (conclave: dal latino clausi cum clave), li nutrì di pane e acqua e scoperchiò il tetto lasciandoli sotto le intemperie.
L’ultima elezione papale fu nel 1281 quando il neo-eletto Martino IV decise di abbandonare Viterbo a seguito dell’’irruzione dei viterbesi durante il conclave.
Il trasferimento della sede papale ad Avignone comporterà la decadenza di Viterbo, che aveva raggiunto il massimo splendore, e la riapertura delle lotte tra fazioni interne.
Da questo momento in poi, nonostante il periodo signorile, Viterbo è legata alle sorti dello Stato Pontificio e, a seguito dell’Unità D’Italia, sarà assorbita dalla provincia di Roma e la qualifica di capoluogo le sarà riconsegnata solo nel 1927.
Nel 1099, grazie al notevole incremento demografico, si passa dallo stato di “castrum” ad uno stato con istituzioni comunali.
Inizia in questo secolo il periodo di fioritura della città che si assicura il possesso di vari castelli e la protezione di Federico I con la quale avrà il diritto di espansione.
Nel 1172 la città di Ferento viene distrutta e il suo simbolo, la Palma, viene aggiunto al Leone di Viterbo, diventando così emblema della città.
All’inizio del XIII secolo Papa Innocenzo III cerca di costituire uno stato territoriale a Viterbo che, non essendo d’accordo, chiede aiuto all’imperatore Federico I dando così inizio alla lotta tra Guelfi e Ghibellini che durerà fino al 1250 circa.
In questo contesto storico ritroviamo le vicende della patrona di Viterbo, Santa Rosa, che si oppose ai ghibellini e all’assalto di Federico II.
Successivamente alla disfatta nei confronti di Federico II e alla vittoria interna dei Guelfi, Viterbo assume il ruolo di sede papale.
Il primo episodio che incrinerà questo equilibrio sarà l’elezione di Gregorio X, per la quale furono impiegati 3 anni: il popolo viterbese stanco dell’indecisione chiuse a chiave i cardinali (conclave: dal latino clausi cum clave), li nutrì di pane e acqua e scoperchiò il tetto lasciandoli sotto le intemperie.
L’ultima elezione papale fu nel 1281 quando il neo-eletto Martino IV decise di abbandonare Viterbo a seguito dell’’irruzione dei viterbesi durante il conclave.
Il trasferimento della sede papale ad Avignone comporterà la decadenza di Viterbo, che aveva raggiunto il massimo splendore, e la riapertura delle lotte tra fazioni interne.
Da questo momento in poi, nonostante il periodo signorile, Viterbo è legata alle sorti dello Stato Pontificio e, a seguito dell’Unità D’Italia, sarà assorbita dalla provincia di Roma e la qualifica di capoluogo le sarà riconsegnata solo nel 1927.
Il centro di Viterbo offre numerosissime oltre che importanti opere d’arte. La più famosa è certo il Palazzo dei Papi, costruito fra il 1255 e il 1266 sul colle di San Lorenzo per proteggere il pontefice, con la celebre loggia formata in un solo lato da sette archi sorretti da esili colonnine binate che si intrecciano formando una elegante trabeazione. Dalla loggia si entra nella grande Sala del Conclave, teatro della famosa elezione di papa Clemente X (vedi sopra).
Il Duomo di San Lorenzo
Accanto al Palazzo dei Papi sorge anche il Duomo, dedicato a San Lorenzo. Il Duomo fu eretto nel corso del XII secolo sul terreno ove era sita una piccola chiesa del VII secolo dedicata a San Lorenzo, a sua volta edificata sulle rovine di un tempio pagano dedicato ad Ercole, ma la sua facciata risale solo al 1570, quando fu realizzata su disposizione dell’allora vescovo della diocesi e futuro cardinale Giovanni Francesco Gambara. Il Duomo ha subito notevoli danni durante un bombardamento della città da parte degli alleati nel 1944. Il restauro successivo ha restituito parte della struttura romanica preesistente ai rimaneggiamenti eseguiti durante il periodo barocco. Il campanile trecentesco è formato nella parte alta da strati segnati da doppie bifore e da fasce policrome orizzontali.
Lo spazio interno è articolato in tre navate separate da due file di colonne culminanti in eleganti capitelli. Il pavimento è in stile cosmatesco. Nella zona absidale della navata sinistra vi è il sepolcro di papa Clemente IV e poco distante è sita una pregevole tavola del XII secolo raffigurante la Madonna della Carbonara di stile bizantino. La leggenda dice che nella chiesa sia stato sepolto anche papa Alessandro IV ma che la sua salma sia stata spostata successivamente in luogo segreto, ma sempre nella chiesa, per sottrarla a violazioni da parte dei suoi nemici.La città medievale
Poco distante da piazza del Duomo si estende il vecchio quartiere medievale, conservato quasi integro, di San Pellegrino: qui si incontrano numerose case dotate di profferlo, la scala a vista tipica dell’architettura viterbese. Interessante anche la piazza del Plebiscito, meglio conosciuta dai Viterbesi come “Piazza del Comune” dove hanno sede il Municipio e la Prefettura. A lato del Corso, la chiesa di Santa Rosa, edificata su una piccola altura accanto alla casa della patrona di Viterbo.
Particolari della città sono anche le numerose gallerie sotterranee scavate nel tufo, che mettono in comunicazione gran parte degli edifici del centro storico. Oggi sono utilizzate come cantine; sono state utilizzate ancora nella seconda guerra mondiale come rifugio della popolazione durante i bombardamenti aerei che colpirono duramente la città nel 1943-44.
Da non dimenticare infine il grandioso Presepe, oggi presso il Museo Civico, opera del pittore viterbese del XV secolo Antonio del Massaro, detto il Pastura.