giovedì 31 dicembre 2009

BUON 2010

ECCO CI SIAMO!!!!
UN ALTRO ANNO SE NE VA!!!!!
Siete pronti per salutare quello vecchio e brindare a quello nuovo?
Che esso sia foriero di cose belle….speriamo quindi che con il botto di mezzanotte voli via ogni male, ogni tristezza e che al loro posto subentrino gioia, salute e serenità!!!



IL COUNTDOWN HA INIZIO….3..2...1... CIN CIN











Per l’occasione gustatevi questo video creato appositamente per voi!!!!!









venerdì 18 dicembre 2009

NATALE E'......... Tra atmosfera, usanze e tradizioni, usanze gastronomiche a Napoli e ...non solo





PRESENTAZIONE AL VIDEOIl video che sottopongo alla vostra attenzione è scaturito da una ricerca fatta in occasione del Natale insieme ai miei alunni di quinta classe, nell’ultimo anno scolastico in cui sono stata in servizio (2006/07).
Esso era stato realizzato in Presentazione utilizzando il programma Power Point, ma per l’occasione ho eliminato qualche diapositiva e ho trasformato quelle restanti in immagini (IPG), in modo da poter creare un video e poterlo postare qui nel blog.
Il percorso del lavoro si snoda attraverso tre tematiche:
• Atmosfera tra….. Passato e Presente….nel mondo e a Napoli
• Usanze e Tradizioni in…. Europa, Italia e Napoli
• Usanze Gastronomiche…..qua e là nel mondo e a Napoli.

BUONA VISIONE E ANCORA…
….TANTI AUGURI DI BUON NATALE!!!!!!

UN CONSIGLIO UTILE
Poiché le scritte contenute in ciascun fotogramma del video sono piuttosto lunghe, consiglio, almeno alla prima visione, di fermare l’immagine quando è necessario, in modo da avere il tempo di leggere con calma. Ho cercato di rallentare i fotogrammi quanto più possibile, di più non avrei potuto fare, in quanto la durata massima del video non può superare i 10 minuti. Grazie !!!!






giovedì 17 dicembre 2009

“IL CEPPONE DI SANTA LUCIA….. a Sorrento”



Il giorno 13 Dicembre, giorno in cui ricorre la festività di Santa Lucia, sono stata a Sorrento, localita’ della costiera sorrentina da tutti conosciuta, per assistere ai festeggiamenti in onore di questa Santa nella omonima chiesetta.





Ma prima di giungere a Sorrento, abbiamo fatto tappa a Vico Equense, dove abbiamo non solo ammirato le bellezze del panorama, ma anche consumato il pranzo a base di frittura all’italiana, “assaggi” (si fa per dire) di vari tipi di pizze (almeno 6 o 7 tipi diversi), dolce a scelta fra baba’, cassata, torta caprese, torta alle fragole, delizie al limone e altre presso il mitico ristorante-pizzeria “Da Gigino, pizza a metro” (adesso chiamato anche L’UNIVERSITA’ DELLA PIZZA”.
Tutto cio’ è stato preceduto da una tombolata, dove non solo sono stati premiati i vincitori della cinquina e della tombola, ma anche tutti i partecipanti.
Qualche breve notizia su Vico EquenseLa costa di Vico Equense è tutta un susseguirsi di spiagge dal mare limpido, tutte attrezzate con le più moderne strutture della balneazione. Venendo da Castellammare si susseguono fino allo Scrajo, luogo ricco di sorgenti sulfuree dalle qualità terapeutiche, spiagge frequentatissime alle quali si legano incantevoli segmenti di costa che si protendono verso la Marina di Vico.
Dopo un tratto di mare aperto, sotto la Cattedrale gotica a strapiombo, inizia la Marina di Aequa con complessi turistici e balneari, che si conclude con la spiaggia detta delle "Calcare".
Ma ritorniamo a Sorrento e al motivo principale della giornata.
Tra le antiche tradizioni di Sorrento c’è anche quella di accendere un ceppone in occasione della festa di Santa Lucia.
Presso l’omonima chiesa parrocchiale (poco distante da Piazza Tasso), infatti, alla vigilia della festa di Santa Lucia, esiste l’usanza di accendere un rogo purificatore che si presta a molteplici significati simbolici.
Il Ceppone di Santa Lucia a Sorrento, infatti, può essere interpretato come espressione di fede ardente, come desiderio di purificare luoghi ed anime, come strumento per richiamare l’attenzione dell’intera città sulla devozione da riservare alla Santa.
Destinato ad ardere per due giorni (il 12 ed il 13 dicembre), il ceppone di Santa Lucia a Sorrento, può essere interpretato anche come una sorta di luce destinata a testimoniare le virtù taumaturgiche di Santa Lucia (protettrice della vista).
Attorno al Ceppone che ogni anno richiama migliaia di persone, in ogni caso, non fervono solo attività religiose. Sacro e profano sono i due ingredienti dell’evento che vede raccolti in silenziosa preghiera i devoti di Santa Lucia nella Chiesa del “rione sorrentino” e contemporaneamente si festeggia con allegria la ricorrenza gustando i panini con la salsiccia intorno al falò. Da ben 31 anni, infatti, si rinnova la sagra della salsiccia e della porchetta, si organizzano canti intorno al fuoco e si allestisce un suggestivo mercatino dove, tra l’altro è possibile assaggiare squisitissimi dolci appositamente preparati dalle casalinghe della frazione con finalità davvero benefiche.
Oltre a deliziare il palato di quanti decidano di acquistare le leccornie in esposizione, infatti, si può anche fare qualche opera di bene. Nel senso che il ricavato della vendita delle torte o dei dolciumi viene destinato ad azioni di beneficenza.
In un clima di sana ed euforica allegria, insomma, attorno al Ceppone di Santa Lucia a Sorrento fervono mille diverse attività.
Verso le ore 19, un po’ umidi per la pioggia che ci ha colto nell’ultima parte della giornata, abbiamo raggiunto il pulmann e siamo tornati a casa.
Qui sotto c'è un video realizzato con le foto che ho scattato in occasione di questa passeggiata fatta a Vico Equense e a Sorrento .
Buona visione!!!


giovedì 10 dicembre 2009

“…E ORA… RIDIAMO UN PO’!!!!!!!!”

Vi propongo una vecchia storiella, anche se credo che sia già conosciuta da molti di voi. Ne venni a conoscenza molti anni fa e la tenevo, scritta su un foglietto, gelosamente custodita nel portafoglio. Ricordo che in varie occasioni tiravo fuori questo foglietto, ormai un po’ logorato dal tempo, e lo leggevo provocando grandi risate in coloro che ascoltavano. Poi…. si sa come vanno queste cose e del foglietto persi le tracce, fino a quando qualche settimana fa, rovistando in un cassetto, depositario di oggetti spesso inutili, esso salta fuori e quindi scatta in me la voglia di sottoporvi questo scritto che spero faccia sorridere anche voi.










STORIA “REALE” INGLESE

Una famiglia inglese, un anno, decise di trascorrere le vacanze estive in Germania. Presero una casetta in affitto e partirono. Durante il loro soggiorno, in una delle frequenti passeggiate, i membri della famiglia notarono un’altra graziosa casetta di campagna che sembrò loro più adatta per le future vacanze estive. Informatisi chi fosse il proprietario, e saputo che era un pastore protestante, gli chiesero di mostrar loro la piccola proprietà. La casa, sia per comodità che per l’ottima posizione piacque molto ai visitatori inglesi i quali stipularono un contratto di affitto per la prossima stagione.
Al ritorno in Inghilterra discussero molto sulla piantina della casa che avevano affittato e particolarmente sull’utilizzazione dei locali, quando la signora si ricordò di non aver visto il «W.C.».
Data la precisione degli inglesi, decisero di scrivere per aver ragguagli in merito. Ciò fu fatto dalla signora nei seguenti termini:
«Gentile pastore,
sono un membro della famiglia che tempo fa visitò la sua proprietà con il proposito di affittarla per la prossima stagione. Poiché tutti ci siamo dimenticati di un piccolo dettaglio, la pregherei d’indicarci dove si trova il «W.C.».
Il pastore, non comprendendo esattamente il significato dell’abbreviazione «W.C.» e credendo si trattasse di una cappella della setta anglicana chiamata “Wesley Chappel”, rispose nei seguenti termini: “Gentile signora,
ho molto apprezzato la Vs richiesta e ho il piacere di informarvi che il luogo che vi sta tanto a cuore si trova a circa 12 km dalla casa, il che può risultare scomodo a chi è abituato ad andarci di frequenza. Chi ha l’abitudine di trattenersi molto per la funzione può tranquillamente portarsi da mangiare, in modo da poter rimanere sul luogo tutta la giornata.
Il posto si può raggiungere a piedi, in bicicletta o in macchina. E’ preferibile andarci per tempo per non disturbare gli altri. Nel locale c’è posto per 50 persone a sedere e 100 in piedi, i bambini siedono vicino agli adulti, e tutti cantano in coro. All’entrata danno un foglio di carta e chi arriva in ritardo si serve del foglio del vicino.
I fogli di carta devono essere utilizzati anche la volta successiva e per almeno un mese.
Vi sono amplificatori per i suoni affinchè si possano sentire anche all’esterno.
Tutto quello che si raccoglie viene dato ai poveri del paese.
Ci sono fotografi specializzati a fotografare i presenti in tutte le posizioni allo scopo di realizzare un album fotografico da esporre in bacheca e allo scopo di farle pubblicare sui giornali della città. Tutti potranno, così, vedere le diverse persone nel compimento di un atto tanto umano!
Io sarò lì’ tutti i giorni, mi auguro di incontrarvi e di partecipare e donare tutti insieme.
Distinti saluti”
Il Pastore Protestante

“QUANDO LA NATURA DIVENTA BIZZARRA: A CHI TANTO… E A CHI NIENTE!!!!!!!”

Guardando il telegiornale qualche settimana fa, ho ascoltato una notizia che mi ha fatto riflettere: l’inserimento nel Guinnes dei primati dell’uomo più alto del mondo. Primato detenuto, fino a poco tempo fa, da un cinese, Bao Xishun.
E allora mi sono detta: “Come può essere bizzarra la natura a volte!”
Qualche tempo fa, sempre in televisione, fu presentato l’uomo più piccolo del mondo e destò non poco successo e allo stesso tempo tenerezza e divertimento (nello “Show dei records” condotto da Barbara D’Urso), He PingPing, ufficialmente dichiarato poco tempo fa, l’uomo più piccolo del mondo.
PingPing è un ragazzo Cinese di appena 21 anni ed è il terzo figlio di una famiglia di Huade, a Nord della Cina, praticamente in Mongolia. He PingPing, ha 2 sorelle entrambe cresciute regolarmente e anche sposate. Secondo quanto raccontato dal padre, PingPing alla nascita era più piccolo del palmo di una mano. Attualmente la sua statura è di 73 cm. Quando i genitori si sono accorti che il piccolo cresceva troppo lentamente si sono rivolti ai dottori che hanno diagnosticato al paziente una “Osteogenesi Imperfetta” che intralcia la crescita delle sue ossa e, dunque, la sua stessa crescita.
Nel Gennaio del 2007 fu invitato ad una trasmissione televisiva a Tokyo e da quel momento è diventato un’icona planetaria di Internet. La cosa curiosa di tutta questa vicenda è che il paese natale di PingPing è lo stesso di Bao Xishun, il gigante che fino ad Agosto del 2007 era considerato l’uomo più alto del mondo.
I due erano entrambi presenti nella trasmissione condotta da Barbara D’Urso e affrontarono una intervista molto divertente. Anche se la D’Urso affermò che i due si erano conosciuti negli studi durante le prove, in rete si sa che l’incontro tra il gigante e la formica era già avvenuto precedentemente in un vero e proprio evento mediatico mondiale.
Negli ultimi mesi si era sparsa la voce, anche a causa di alcuni notiziari poco informati e con l’aiuto di face book, della morte del piccolo PingPing; le cause, secondo tali notiziari, sarebbero state sia la malattia che tutt’oggi lo affligge, sia il suo cattivo stile di vita, alcool, fumo e droghe leggere.


Naturalmente la notizia non è assolutamente vera e il ventunenne si è puntualmente presentato negli studi milanesi dello Show dei Record per presentare assieme a Barbare D’Urso la nuova stagione del programma di Canale 5.
L’altro, quello di cui parlavo all’inizio, invece, ironia del destino, è l’uomo più alto del mondo. In Italia pochi lo conoscono ancora. Si chiama Sultan Kosen, è nato a Mardin, nel 1983, e di mestiere fa il giocatore di Basket. Non potrebbe essere diversamente.
Per la sua incredibile statura di 242 centimetri, era considerato il più alto giocatore vivente di basket al mondo, ma in seguito ad un’operazione alle ginocchia che gli permetterà di giocare, ha raggiunto ora i 246 centimetri, diventando il più alto uomo di tutti i tempi.
Nato e cresciuto in un minuscolo sobborgo turco di 20 case, al confine con l’Iraq, Kosen venne notato da uno scout della squadra turca del Galatasaray che lo ingaggiò nonostante il giovane non avesse mai afferrato un pallone da basket prima d’allora.
Purtroppo per lui ora Kosen rischia di diventare un fenomeno da baraccone, visto che da pochissimo è stato “presentato” ufficialmente a Londra, come testimonial del Guinness World Records, che ha omologato il suo record.
Intervistato, ha spiegato che il suo “più grande sogno” è di trovare l’amore. Il giovane, di 26 anni, ha anche le mani (27,5 cm) e i piedi (36,5 cm.) più grandi del pianeta.
La statura di Kosen supera di dieci centimetri quella del cinese Bao Xishun, che misura “solo” 2,36 metri. Altri giganti pretendono di oltrepassare la taglia di Sultan Kosen, in particolare l’ucraino Leonid Stadnyk, ma il suo primato non è stato omologato dal Guinness World Records.
Sultan Kosen deve la sua altezza a una forma particolare di tumore benigno, recentemente asportatogli, che ha impedito che la sua crescita si arrestasse.

MA IL SIMBOLO DELLA @ e’ VERAMENTE COSI’ “GIOVANE”?

Ci credereste se vi dicessi che il simboletto che viene accostato agli indirizzi e-mail, la chiocciola @, ha più di 250 anni? Non sembra, vero? Ma è così e se li porta anche bene!!!!Sfogliando IL MATTINO del 12 ottobre 2009, alla pagina 24, relativa alla Cronaca di Napoli, ho trovato questa notizia a dir poco curiosa, almeno per me, e quindi ho pensato di renderla nota anche a voi, pubblicando l’articolo quasi per intero.


“LA CITTA’ DEGLI ARCHIVI”
A salita Pontenuovo tra i documenti ufficiali dal ‘500 all’Unità d’Italia spunta un segno moderno.

IL SIMBOLO DELLA E-MAIL NEI TESTI DEL 1755.

“Ecco, questi sono i documenti del ‘700. Ce ne sarebbero anche di più antichi, ma sono off limits; bruciati in parte da un incendio, aspettano il restauro”.
Gli archivisti sfilano il manoscritto antico dalle scansie ordinate e aspettano la reazione. Sono certi che arriverà. Sanno già che sarà sbalorditiva. In cima ad ogni pagina del faldone, datato 1755, c’è il simbolo della chiocciolina @, proprio quello che oggi usiamo per la posta elettronica.
Scusate – la domanda è d’obbligo – ma quella è una lettera “a” con il ricciolino? Sorridono gli archivisti. “Sì, ecco la @ napoletana del 1700”.
Incredibile! Ecco il passato che s’impossessa del futuro. La “nostra” @ non è più nostra. Appartiene ai nonni dei nostri nonni, si perde nel tempo antico e poi spunta fuori nell’archivio comunale di salita Pontenuovo, vergata a mano in un libro contabile antico.
La storia della @ è lunga ed è assolutamente incerta. Alcuni sostengono che venisse utilizzata dai mercanti come unità di misura (una @ aveva il valore di un’anfora), altri notano che sta ad indicare il giorno (addì), altri uniscono il significato recente con quello antico: @ significa “al prezzi di”. Ed è proprio con questo significato che il simbolo, nel 1884, venne introdotto per la prima volta nella tastiera di una macchina da scrivere (la Caligraph 3 Commercial model). Poi finì sui computer e, nel 1972, l’ingegnere americano Ray Tomlinson lo scelse per identificare gli indirizzi di posta elettronica per Arpanet, la rete informatica di origine militare da cui sarebbe nato il web attuale.
Lo sbalordimento per la chiocciolina del passato non cancella l’emozione del tuffo dentro l’Archivio Storico di Salita Pontenuovo. E’ la sede più elegante e rappresentativa dei quattro archivi comunali, si sviluppa su tre piani e conserva tutta la documentazione municipale antecedente l’Unità d’Italia……”

E qui l’articolo continua con la descrizione dell’Archivio e delle altre cose che vi sono custodite.
Poiché, come molti sanno sono “curiosa” del sapere, ho completato la mia ricerca ed ho trovato ancora qualche altra notizia sull’origine della @ chiocciolina.

L'ipotetica evoluzione della @ nel tempo. (da internet)
La @ nacque ai tempi di Roma antica come unione stilizzata delle lettere "a" e "d" minuscole formanti la parola ad (cioè "verso", nei moti a luogo); il simbolo era inizialmente adoperato nei testi di contabilità e in documenti simili con significato di indicazione di luogo.
Presso i mercanti veneziani la @ era un segno che rappresentava l'anfora, utilizzata allora come misura di peso e capacità La si trova in un documento commerciale del 1536.
Nel corso dei secoli i popoli anglofoni modificarono il suo significato da ad a at, e quindi da verso a presso (grammaticalmente, da moto a luogo a stato in luogo): ciò fece guadagnare alla chiocciolina alcuni nuovissimi campi in cui essere adoperata, tra cui le poste.
Beh, curiosa la notizia, no? E soprattutto inaspettata, almeno, ripeto per me!
Spero di essere stata utile con questa “notiziola” che a me è piaciuta. A volte usiamo segni, simboli senza conoscerne l’origine e, quando è possibile e ci viene dato lo spunto di farlo, ben venga!!!!!


sabato 5 dicembre 2009

VIAGGIO ATTRAVERSO “LA TERRA DEGLI ETRUSCHI” …e non solo…

Ed eccomi a rendervi partecipi di questo altro viaggetto da me effettuato nel giorno 31 ottobre e 1 novembre. Siete pronti??? E …allora…SI PARTE!!!!
Il viaggio è alla volta di Bolsena, per scoprire una parte della “TERRA DEGLI ETRUSCHI”.
E’ un viaggio all’interno delle terre, della cultura ereditata dal glorioso popolo degli Etruschi in un ambiente ancora selvaggio e incontaminato ricco di colori, sapori, suoni e profumi come in pochi luoghi si possono trovare. Si trova al centro di un importante crocevia culturale e naturalistico in uno dei contesti più belli e caratteristici d’Italia, tra Lazio, Toscana ed Umbria ed è a poca distanza dalla città dei Papi “Viterbo”.
Il Lago di Bolsena, portale di entrata della Tuscia, terra di Storia e Tradizioni millenarie viene denominato anche “il lago che si beve” grazie alle ottime condizioni di trasparenza e limpidezza della sua acqua.


Il lago di Bolsena (qualche notizia)Il Lago di Bolsena è situato nell’alto Lazio, nella caldera principale del complesso vulcanico Vulsinio. Ha forma ellittica e vi emergono due isole, Bisentina e Martana, probabili residui di crateri vulcanici ed è circondato in buona parte dalla catena dei Monti Vulsini. Alimentato principalmente da acqua piovana, ha numerosi immissari di portata modesta mentre il fiume Marta, unico emissario, nasce dal porto dell’omonimo centro abitato e sfocia nel Mar Tirreno. Sulle fertili sponde ai boschi di querce e castagni si alternano coltivazioni di vite, olivo e ortaggi. Fra le molteplici attrattive turistiche ci sono quelle di genere archeologico e culturale; sulle rive del lago si sono succedute, infatti, la civiltà Villanoviana, l’Etrusca e la Romana, mentre il periodo medioevale, non meno importante, ha lasciato segni indelebili nei piccoli centri che lo circondano. Una strada di circa 60 Km lo circonda e sia che ci si trovi a pochi metri da riva oppure distante sulle coste, il panorama che offre è sempre molto spettacolare.
Dopo gli Etruschi, i Romani e le invasioni barbariche, la chiesa e i nobili, fra i quali eccelsero i Farnese, segnarono la storia recente del comprensorio.
Nelle acque del lago i pesci sono ancora numerosi; le anguille, già note ai Romani, sono citate da Dante nella Divina Commedia. I principali pesci presenti attualmente, oltre alle citate anguille, sono: l’ottimo coregone, il luccio, il persico reale, il persico trota, la carpa, la tinca, la scardola (qui chiamata impropriamente lasca) e infine il piccolo latterino, che spesso è preda di pesci predatori e di uccelli acquatici.
Dopo Bolsena, con l’aiuto di una guida, siamo andati a visitare
La mattinata si è conclusa in un bellissimo bar, quasi in Piazza delle Erbe, con un aperitivo e poi tutti al ristorante “Al vecchio orologio” in via “Dell’ Orologio Vecchio” ( a pochi passi da Piazza delle Erbe). Nel primo pomeriggio, soddisfatti e consapevoli di aver visto qualche altra bellezza della nostra Italia, ci siamo messi in viaggio per ritornare a Napoli.P.S. Tutte le notizie storiche, riguardanti i centri visitati, ci sono state esposte dalla guida e, poiche’ non le avrei potuto ricordare nei dettagli, mi sono documentata su internet cercando di trovare proprio quelle ascoltate.
Grazie per avermi letto e viaggiato con me!!!!

Civita di Bagnoregio, denominata “la città che muore”.Storia, arte, cultura e tradizioni, sono i requisiti fondamentali di un territorio che sembra quasi essersi fermato in un passato ricco di avvenimenti. Civita di Bagnoregio è un esempio di meraviglia unico nel suo genere. Unita al mondo solo da un lungo e stretto ponte, la “Città che muore”, ormai da tempo così chiamata a causa dei lenti franamenti delle pareti di tufo, racchiude un ciuffo di case medioevali ed una popolazione di pochissime famiglie. Appoggiata dolcemente su un cucuzzolo, la cittadina sovrasta imperiosamente l’immensa vallata sottostante, offrendo così al turista un incantevole e indimenticabile scenario. Situata sulla cima di un colle tra le vallate formate dai torrenti Chiaro e Torbido, Civita appare arroccata su uno sperone di roccia sovrastando l’ ampia conca increspata dai “calanchi”.Questo isolamento é il risultato di una irrefrenabile erosione che vede lo sperone tufaceo progressivamente assottigliarsi su un sottostante strato argilloso anch’esso instabile poichè per la sua natura geologica é destinato a subire l’ azione erosiva degli agenti atmosferici che lo modellano nelle tipiche forme dei “calanchi” (piccoli bacini delimitati da creste e pinnacoli creati dall’azione dilagante della pioggia sull’argilla). Oggi Civita è un luogo incantato, dove il tempo non sembra scorrere più. La totale assenza di automobili rende l’atmosfera all’interno di Civita ancora più irreale.

Di seguito la visita di Montefiascone

Il nomeLe radici del toponimo Monte Fiascone (dovuto al fatto che si trova a 600 m s.l.d.m. e per via dell’EST! EST!! EST!!!) sono ammesse ad ammettere un Mons Faliscorum, con riferimento ai Falisci, che sarebbero approdati da queste parti dopo la distruzione dei vari centri dell’ager faliscus ad opera dei romani. C’è anche l’improbabile ipotesi di Mons Phisconis, dal nome di una popolazione di origine greca, ma ciò è soltanto una pura casualità.

La chiesa di san FlavianoL’edificio di culto principale della piccola cittadina, è la Chiesa di san Flaviano, eretta sulla strada che porta direttamente a Orvieto, risalente al XII sec. Possiamo risalire al secolo preciso, grazie al campanile romanico a vela che lo testimonia. La facciata della chiesa, è rimasta incompiuta dalla seconda metà del XIII secolo, è formato nella parte inferiore da tre arcate gotiche coronate da una loggia risalente al periodo del XVI secolo. Nell’arcata centrale si apre il portale, costruito in stile gotico, che permette l’immissione nella chiesa inferiore, formata da tre navate con tre absidi disposte ad arco. Appena si entra, sulla destra è situata la famosa pietra tombale del prelato Giovanni Fugger (vedi più sotto la leggenda). L’interno della chiesa è decorato da un capitello della penultima colonna a destra dove c’è una figura umoristica, nell’ultimo pilastro destro c’è un ciborio che risale al XIII secolo. Ci sono degli affreschi risalenti al XVI secolo che decorano le tre absidi; nella parete d’ingresso c’è la Crocifissione e Vita di Santa Caterina, che sono degli affreschi risalenti al XV secolo. Per accedere alla chiesa superiore occorre passare per una scala situata nel fondo della navata destra, anche questa è a tre navate, divise da basse colonne con archi, al centro della nave mediana si apre uno spazio rettangolare dal quale si scorge la chiesa inferiore.Storia
Sorge alle pendici del Colle Falisco, lungo la via Cassia, nel luogo in cui si ebbe il primo nucleo dell’insediamento abitativo, spostatosi poi sulla sommità dell’altura, a seguito della distruzione del borgo da parte dei Viterbesi, nel 1187. La chiesa dapprima era dedicata alla Vergine e, infatti, compare con il titolo di Santa Maria in un documento della metà del IX secolo. Successivamente prese il nome dalle reliquie del martire Flaviano, in essa custodite.Gli affreschi












Complesso ciclo di affreschi, realizzati in un arco di tempo che va dal XIV al XVI secolo e che comprendono più di una Crocifissione, le storie di San Nicola da Bari, San Michele Arcangelo, San Flaviano tra Santa Caterina d’Alessandria; compare l’Annunciazione, la scena della Natività e quella dell’Adorazione dei Magi; Cristo in trono tra San Pietro e San Paolo; i quattro Apostoli, un corteo di quattro vescovi; i resti di una Dormitio Virginis; l’immagine acefala di San Francesco; Santa Margherita d’Alessandria con un drago; le Storie della vita di Santa Caterina e quelle di Santa Faustina.
La Cappella degli Innocenti conserva affreschi cinquecenteschi tra cui “La strage degli Innocenti” in un paesaggio che ricorda quello del lago di Bolsena con uno scorcio della cittadina di Montefiascone e la chiesa di San Flaviano. Nel catino dell’abside centrale compare “Cristo benedicente tra angeli apocalittici”. Ai suoi lati si trovano San Paolo e un’altra figura identificata, con San Giovanni Battista o con San Pietro. Al di sotto si pone l’immagine di San Flaviano martire a cavallo e con il vessillo crociato.
Gli affreschi delle absidi laterali del XVI secolo mostrano il Battesimo di Cristo nel Giordano tra Santa Lucia e San Martino, una Annunciazione ed altre scene di vite di santi.

Leggenda sul vino “Est est est”Il nome di questo vino deriva da una leggenda.
Nell’anno 1111 Enrico V di Germania stava raggiungendo Roma con il suo esercito per ricevere dal papa Pasquale II la corona di Imperatore del Sacro Romano Impero. Al suo seguito si trovava anche un vescovo, Johannes Defuk (o Giovanni Fugger), intenditore di vini. Per soddisfare questa sua passione alla scoperta di nuovi sapori, il vescovo mandava il suo coppiere Martino in avanscoperta, con l’incarico di precederlo lungo la via per Roma, per assaggiare e scegliere i vini migliori.

I due avevano concordato un segnale in codice: qualora Martino avesse trovato del buon vino, avrebbe dovuto scrivere “est”, ovvero “c’è” vicino alla porta della locanda, e, se il vino era molto buono, doveva scrivere “est est”. Il servo, una volta arrivato a Montefiascone e assaggiato il vino locale, non poté in altro modo comunicare la qualità eccezionale di quel vino, decise di ripetere per tre volte il segnale convenuto e di rafforzare il messaggio con ben sei punti esclamativi: EST! EST!! EST!!! Il vescovo, arrivato in paese, condivise il giudizio del suo coppiere e prolungò la sua permanenza a Montefiascone per tre giorni. Addirittura, al termine della missione imperiale vi tornò, fermandosi fino al giorno della sua morte (avvenuta, pare, per un eccesso di bevute). Venne sepolto nella chiesa di San Flaviano, dove ancora si può leggere, sulla lapide in peperino grigio, l’iscrizione: “Per il troppo EST! qui giace morto il mio signore Johannes Defuk”. In riconoscenza dell’ospitalità il vescovo lasciò alla cittadinanza di Montefiascone un’eredità di 24.000 scudi, a condizione che ad ogni anniversario della sua morte una botticella di vino venisse versata sul sepolcro, tradizione che venne ripetuta per diversi secoli. Da questa vicenda nasce il Corteo Storico falisco e viene tratta la manifestazione “Fiera del Vino”, che si svolge ogni anno nel mese di agosto.



A fine giornata si ritorna in albergo per la cena per poi riprendere, il breve tour, l’indomani mattina alla volta di Viterbo. (2^ tappa)
Viterbo è il capoluogo dell’omonima provincia, abitualmente detta Tuscia. Conosciuta in tutto il mondo come la Città dei Papi, è situata al centro della provincia, a ridosso dei Monti Cimini fra il Lago di Vico e quello di Bolsena. Netta la differenza urbanistica fra il centro storico di stampo medioevale e la periferia caratterizzata da palazzi di concezione moderna. La città medievale nasce da una fortificazione longobarda che divideva i possessi nella Tuscia dal ducato bizantino di Roma.
Nel 1099, grazie al notevole incremento demografico, si passa dallo stato di “castrum” ad uno stato con istituzioni comunali.
Inizia in questo secolo il periodo di fioritura della città che si assicura il possesso di vari castelli e la protezione di Federico I con la quale avrà il diritto di espansione.
Nel 1172 la città di Ferento viene distrutta e il suo simbolo, la Palma, viene aggiunto al Leone di Viterbo, diventando così emblema della città.
All’inizio del XIII secolo Papa Innocenzo III cerca di costituire uno stato territoriale a Viterbo che, non essendo d’accordo, chiede aiuto all’imperatore Federico I dando così inizio alla lotta tra Guelfi e Ghibellini che durerà fino al 1250 circa.
In questo contesto storico ritroviamo le vicende della patrona di Viterbo, Santa Rosa, che si oppose ai ghibellini e all’assalto di Federico II.
Successivamente alla disfatta nei confronti di Federico II e alla vittoria interna dei Guelfi, Viterbo assume il ruolo di sede papale.
Il primo episodio che incrinerà questo equilibrio sarà l’elezione di Gregorio X, per la quale furono impiegati 3 anni: il popolo viterbese stanco dell’indecisione chiuse a chiave i cardinali (conclave: dal latino clausi cum clave), li nutrì di pane e acqua e scoperchiò il tetto lasciandoli sotto le intemperie.
L’ultima elezione papale fu nel 1281 quando il neo-eletto Martino IV decise di abbandonare Viterbo a seguito dell’’irruzione dei viterbesi durante il conclave.
Il trasferimento della sede papale ad Avignone comporterà la decadenza di Viterbo, che aveva raggiunto il massimo splendore, e la riapertura delle lotte tra fazioni interne.
Da questo momento in poi, nonostante il periodo signorile, Viterbo è legata alle sorti dello Stato Pontificio e, a seguito dell’Unità D’Italia, sarà assorbita dalla provincia di Roma e la qualifica di capoluogo le sarà riconsegnata solo nel 1927.

Il Palazzo dei Papi
Il centro di Viterbo offre numerosissime oltre che importanti opere d’arte. La più famosa è certo il Palazzo dei Papi, costruito fra il 1255 e il 1266 sul colle di San Lorenzo per proteggere il pontefice, con la celebre loggia formata in un solo lato da sette archi sorretti da esili colonnine binate che si intrecciano formando una elegante trabeazione. Dalla loggia si entra nella grande Sala del Conclave, teatro della famosa elezione di papa Clemente X (vedi sopra).
Il Duomo di San Lorenzo
Accanto al Palazzo dei Papi sorge anche il Duomo, dedicato a San Lorenzo. Il Duomo fu eretto nel corso del XII secolo sul terreno ove era sita una piccola chiesa del VII secolo dedicata a San Lorenzo, a sua volta edificata sulle rovine di un tempio pagano dedicato ad Ercole, ma la sua facciata risale solo al 1570, quando fu realizzata su disposizione dell’allora vescovo della diocesi e futuro cardinale Giovanni Francesco Gambara. Il Duomo ha subito notevoli danni durante un bombardamento della città da parte degli alleati nel 1944. Il restauro successivo ha restituito parte della struttura romanica preesistente ai rimaneggiamenti eseguiti durante il periodo barocco. Il campanile trecentesco è formato nella parte alta da strati segnati da doppie bifore e da fasce policrome orizzontali.
Lo spazio interno è articolato in tre navate separate da due file di colonne culminanti in eleganti capitelli. Il pavimento è in stile cosmatesco. Nella zona absidale della navata sinistra vi è il sepolcro di papa Clemente IV e poco distante è sita una pregevole tavola del XII secolo raffigurante la Madonna della Carbonara di stile bizantino. La leggenda dice che nella chiesa sia stato sepolto anche papa Alessandro IV ma che la sua salma sia stata spostata successivamente in luogo segreto, ma sempre nella chiesa, per sottrarla a violazioni da parte dei suoi nemici.
La città medievale
Poco distante da piazza del Duomo si estende il vecchio quartiere medievale, conservato quasi integro, di San Pellegrino: qui si incontrano numerose case dotate di profferlo, la scala a vista tipica dell’architettura viterbese. Interessante anche la piazza del Plebiscito, meglio conosciuta dai Viterbesi come “Piazza del Comune” dove hanno sede il Municipio e la Prefettura. A lato del Corso, la chiesa di Santa Rosa, edificata su una piccola altura accanto alla casa della patrona di Viterbo.
Particolari della città sono anche le numerose gallerie sotterranee scavate nel tufo, che mettono in comunicazione gran parte degli edifici del centro storico. Oggi sono utilizzate come cantine; sono state utilizzate ancora nella seconda guerra mondiale come rifugio della popolazione durante i bombardamenti aerei che colpirono duramente la città nel 1943-44.
Da non dimenticare infine il grandioso Presepe, oggi presso il Museo Civico, opera del pittore viterbese del XV secolo Antonio del Massaro, detto il Pastura.