lunedì 28 giugno 2010

E’ MORTO ALDO GIUFFRE’: UN ALTRO PEZZO DEL TEATRO ITALIANO E DI QUELLO NAPOLETANO CHE SE NE VA

Aldo Giuffrè
E’ morto a Roma Aldo Giuffré: aveva 86 anni compiuti il 10 aprile scorso. Era nato a Napoli nel 1924. Lo ha reso noto  il fratello Carlo, il quale ha detto di aver perso più di un fratello.  Il grande attore teatrale e cinematografico si è spento, ieri notte, dopo un’operazione di peritonite al San Filippo Neri

Il fratello Carlo
Il primo e grande maestro per lui fu Edoardo De Filippo, con il quale studiò e lavorò in una lunga gavetta con il fratello Carlo.
Ma Aldo, attore versatile, attraversò ogni mezzo espressivo, dalla radio, al cinema, alla tv passando dai ruoli comici a quelli drammatici.
Nato a Napoli il 10 aprile del 1924, debuttò in teatro nel 1942 con la compagnia di Eduardo De Filippo in “Napoli milionaria”. Esordì poi come annunciatore radiofonico non ancora ventenne, e dai microfoni di Via Asiago annunciò, il 25 aprile 1945, la fine della guerra. Aveva una bellissima voce che all’inizio degli anni ottanta però, in seguito a un’operazione alla gola, perse il suo bel timbro napoletano, ma non gli impedì di continuare nella recitazione. Svariati anche i suoi film a fianco del grande Totò come “IL TURCO NAPOLETANO”.


A lui rivolgiamo il nostro pensiero ricordandolo tutti con affetto e simpatia.

giovedì 24 giugno 2010

FINISCE QUI IL SOGNO...AFRICANO DEI MONDIALI

Io non mi intendo molto di calcio, ma i mondiali…però li seguo, almeno le partite dell’Italia. Oggi c’era una grande attesa, ma purtroppo grande è stata la delusione dei tifosi italiani che hanno seguito questo Mondiale di calcio 2010. La delusione maggiore è derivata dal fatto che siamo stati esclusi da una squadra che non era considerata fra le “grandi”. L’Italia non è riuscita a battere la Slovacchia facendosi sconfiggere con un 3-2. E bisogna anche ammettere che “meritatissima” è stata la vittoria da parte degli slovacchi che hanno giocato nettamente meglio degli azzurri.
Marcello Lippi e’ immediatamente corso negli spogliatoi a fine partita evitando così la consueta intervista a bordo campo, ma nella conferenza stampa, dopo, (alla quale, invece, non si è potuto sottrarre) si è assunto tutte le responsabilità. Cos’altro poteva dire????.
Finisce, quindi, ultima in classifica l’Italia con soli 2 punti nel girone F; peggio di così non poteva andare.
Deludente, quindi, l’uscita della Nazionale Azzurra dai Mondiali 2010. Oggi, 24 giugno, il definitivo addio. Inutile la ripresa giocata negli ultimi 15 minuti di gioco e non è servito a Di Natale e a Quagliarella segnare i gol della rimonta, giunti sempre qualche minuto “dopo”.

martedì 15 giugno 2010

LA VUVUZELA.... COS'E'?????

Sono iniziati i mondiali 2010 e fin dall'inizio ognuno di noi, credo, sia rimasto colpito dal quel "rumore di sottofondo" che c'è in ogni partita e somigliante ad uno "sciame di api". Mi sono chiesta cosa potesse essere...pensavo alle "trombette" che si usano anche qui, ma il suono era troppo compatto ed ininterrotto tale da diventare un unico suono. 
Ad un certo punto ho sentito anche in tv che ne parlavano ed ho scoperto che quel "suono" era prodotto dalle "vuvuzele". E cosa saranno mai queste vuvuzele????? Mi sono, quindi, documentata su internet e vi  riporto qui il risultato. 
Migliaia di trombette fanno da sottofondo ai mondiali di quest'anno, un ronzio che viene dalla tradizione.
A bordo campo degli stadi dove si stanno giocando i mondiali del Sudafrica sembra ci siano sempre enormi sciami di vespe. Mentre i giocatori rincorrono la palla e il gol in diretta televisiva, i microfoni che rilevano i suoni ambientali registrano un continuo e incessante ronzio che fa da sottofondo alle urla e agli applausi dei tifosi. Tutta colpa di una trombetta: la vuvuzela.
La vuvuzela è una tromba da stadio lunga non più di un metro da tempo in voga tra i tifosi sudafricani. La trombetta viene venduta in prossimità delle strutture sportive, solitamente è fatta di plastica e richiede un bel po’ di fiato per essere suonata a dovere. Secondo alcuni, il nome vuvuzela deriverebbe da un termine onomatopeico Zulu traducibile (a spanne) in “emettere un rumore che fa vuvu”.
Il modello di plastica, oggi il più diffuso negli stadi sudafricani dei mondiali, si è affermato nel corso degli anni Settanta tra i tifosi che seguivano le partite di calcio in Messico, spiega Wikipedia. Tuttavia, Freddie “Saddam” Maake, un celebre tifoso della squadra di calcio sudafricana Kaizer Chiefs, dice di aver inventato per primo la vuvuzela adattando una versione in alluminio dello strumento già nel 1965. In seguito alle limitazioni imposte dai responsabili della sicurezza negli stadi, Maake avrebbe in un secondo tempo ideato la versione di plastica, più leggera e innocua.
La vuvuzela aveva guadagnato l’attenzione dei cronisti sportivi già durante la Confederation Cup della FIFA dello scorso anno. Valutato l’effetto del continuo e incessante ronzio causato dalle migliaia di trombette presenti negli stadi e la potenziale pericolosità dello strumento nel caso di tafferugli, la FIFA aveva deciso di vietarne l’utilizzo nel corso dei mondiali. La SAFA, la South African Football Association, ha però presentato un ricorso a difesa della vuvuzela, risorsa indispensabile per regalare al mondo una vera esperienza sudafricana delle partite di calcio. La FIFA è così tornata sui suoi passi, permettendo l’utilizzo dei modelli di vuvuzela di plastica che non superino il metro di lunghezza.
La concessione non piace ai responsabili delle emittenti televisive. Il costante e snervante ronzio di sottofondo delle trombette complica la resa dell’audio dagli stadi e spesso rende poco comprensibili le telecronache delle partite. Ma ormai la vuvuzela è una sorta di monumento nazionale per il Sudafrica, non a caso a Città del Capo è stata installata la più grande vuvuzela del mondo. È lunga 35 metri e viene azionata meccanicamente prima dell’inizio di ogni partita. Vuvu.

domenica 6 giugno 2010

LECCE.... IL BAROCCO NEL SALENTO

Eccomi, puntuale come sempre, a raccontarvi e a descrivervi la città da me visitata di recente in occasione del “ponte” del 2 giugno.

L’idea di recarci a Lecce per visitarla è scaturita per caso e anche perché da tempo sentivo dire che Lecce era una città da scoprire soprattutto per il suo Barocco.

Lecce, gioiello del Salento, forgiato da generazioni di insigni e fantasiosi scalpellini che lavoravano la tenera, bianca, morbida e resistente “pietra leccese” (leccisu), incanta i visitatori con chiese istoriate di angeli e rosoni e con il labirintico centro storico dove ci si perde tra vicoli, piazzette e palazzi ai piedi della colonna di Sant’Oronzo. 

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Addentrandosi nella città vecchia, attraverso varie porte (Porta San Biagio, Porta Napoli e Porta Rudiae),  segnano la strada la Basilica di Santa Croce (capolavoro del barocco leccese, dai colori che cambiano seguendo le ore  del giorno e appartenuta all’ordine dei Celestini e imponente costruzione caratterizzata da un grande rosone, una delle più elaborate ed artistiche decorazioni delle chiese italiane),

Rosone di Santa Croce
Rosone di Santa Croce

la Cattedrale del Duomo (il cui aspetto attuale è frutto di una ristrutturazione) con il campanile dove in cima c’è una statua di Sant’Oronzo, la Chiesa del Buon Consiglio o dei Gesuiti (appartenente appunto a quest’ordine), la  Chiesa di Sant’Irene (protettrice della città), la Chiesa della Madre di Dio e San Nicolò, nota anche come Chiesa delle Scalze (edificata nel 1631 insieme all’attiguo monastero delle Scalze che,  acquistato nel 1903 dalle Suore Salesiane dei Sacri Cuori, divenne la sede definitiva della casa generalizia e dell’Istituto per sordomuti fondato da San Filippo Smaldone. Nella chiesa riposano le spoglie di San Filippo Smaldone, trasferite dal cimitero cittadino nel 1942) ed ancora tanti...tanti...tanti   innumerevoli altri edifici. 

Ogni balcone poi in primavera è fiorito: moltissimi gerani e si dice che proprio a Lecce questa pianta sia considerata la “pianta dei cornuti” perchè un tempo, quando le donne dovevano stare in casa, l’unico modo per affacciarsi e civettare con altri uomini era quello di  far finta di sistemare questi bellissimi fiori.

Queste ed altre informazioni  ci sono  state date  durante il giro effettuato attraverso il  centro storico con il “trenino turistico” dotato di auricolari per ascoltare le spiegazioni che venivano fornite in itinere. E’ stato utile fare questo giro per avere una visione globale di tutta la parte barocca da visitare, in modo tale che nei giorni seguenti abbiamo potuto approfondire maggiormente il tutto percorrendo a piedi l’itinerario seguito in precedenza col trenino.



Tra i monumenti di epoca romana, l’Anfiteatro, nel cuore della Piazza Sant’Oronzo e il Teatro Romano, nascosto nel centro storico.

Testimonianze di due epoche diverse è, invece, l’imponente struttura del Castello Carlo V, il cui mastio è di epoca normanna, mentre i bastioni risalgono al Cinquecento. E proprio a proposito del Castello Carlo V c’è una “chicca” (almeno per me).
Un nuovo museo arricchisce l’offerta culturale della città di Lecce e dell’intera regione.Il museo è ospitato nelle sale del Castello come  ”contenitore” di un museo dedicato all‘arte della cartapesta.Lecce ha rappresentato dal Settecento, e ancor più nei secoli successivi, uno dei maggiori centri di produzione della cartapesta nel mondo.Essa si lavorava già nel Rinascimento ed ebbe il suo massimo splendore nell’età del barocco.
Si realizzavano statue sacre o da presepe. Molti dei capolavori migliori, che risalgono al XVII e XVIII secolo, si possono, infatti, ammirare nelle chiese della zona, dove le statue sono fatte in legno rivestito di cartapesta o interamente in cartapesta.  Una piccola nota di “campanilismo” è data dal fatto che proprio in questo castello viene riportato che artigiani leccesi  hanno imparato “l’arte della cartapesta” da artigiani napoletani. L’arte del sacro in cartapesta, nasce essenzialmente come impegno religioso, visto il fiorire di numerosissime chiese costruite nel Salento in quegli anni. La tecnica di lavorazione, è rimasta immutata attraverso i secoli.  Per tradizione, i maestri continuano ad usare materiali poveri e varie sono le botteghe che si incontrano strada facendo che fanno scoprire dal vivo il fascino delle opere artigianali  in cartapesta.


Ed ora, prima di proseguire con le immagini, qualche breve cenno (notizie riprese da internet e rielaborate) sul Barocco Salentino.

L’architettura barocca da Roma si diffuse in tutta Italia. Molto originale fu il barocco che si diffuse in Puglia e in particolare nella città di Lecce, che detiene il primato dell’ architettura barocca e per questo detta la Firenze del Sud.
Più che d’architettura si deve parlare di decorazioni; infatti il barocco non riguarda la struttura dell’edificio, ma si sbizzarrisce nell’ornamentazione. Dopo la distruzione della flotta turca a Lepanto nel 1571 ad opera della Santa Alleanza, furono allontanati dai mari, che bagnano le coste salentine, i pericoli di scorrerie piratesche e di nuove invasioni e perciò ci fu, in seguito a questo avvenimento, un notevole incremento economico e un fiorire crescente di nuove costruzioni. Il clero ebbe particolare importanza per lo sviluppo dell’arte barocca. Gli ordini religiosi tra cui i Gesuiti, i Celestini, i Teatini, furono gli artefici, insieme alla nobiltà del posto e alle maestranze, di questo nuovo periodo.

Particolare importanza fu assunta da Luigi Pappacoda, vescovo di Lecce dal 30 maggio 1639 al 17 dicembre 1670.
La ricerca della grandiosità e del fasto porta ad una grande ricchezza di decorazioni e così il barocco a Lecce va scoperto ovunque: nelle innumerevoli chiese e cappelle, nelle dimore gentilizie come nelle abitazioni di edilizia minuta, nelle corti, sulle cornici delle finestre, sulle mensole dei balconi, sulle nicchie con statue in atteggiamenti teatrali, sulle volute, sui mensoloni, sugli stemmi che si rincorrono in tutto il centro storico.

squadra lecce
Una nota di “colore”, infine, ci è stata data, proprio mentre arrivavamo, dai festeggiamenti per la vincita della  Squadra calcistica del Lecce che ha riconquistato così  il suo posto in serie A. 

Un carosello di auto ha invaso la citta’, il tutto comunque in maniera abbastanza ordinata e pacata.


Ma ora più che continuare a parlare, meglio guardare le immagini contenute nel video realizzato con le foto scattate.